Magica Kathmandu – Parte 1

L’ARRIVO

Baba a Kathmandu

Baba a Kathmandu

Il lungo volo è quasi giunto al termine e sto per arrivare in Nepal. Dall’alto del mio sedile la vista della valle di Kathmandu, della giungla del Terai e della catena montuosa dell’Himalaya mi fa trasalire. Novembre è il mese climaticamente migliore per visitare il Nepal soprattutto se si pensa di fare trekking. Agli arrivi c’è un sacco di gente; mi faccio più di un’ora di coda per ottenere il visto, un altra per ritirare il bagaglio tra una confusione di nastri trasportatori e bagagli di numerosi voli in arrivo. All’uscita, contratto un tassista e mi faccio portare a Thamel, nel cuore della zona turistica di Kathmandu. Dopo il check-in in una delle numerose guest-houses nella zona, disfo lo zaino ed esco per ambientarmi.

Kathmandu sorge a 1300 metri sul livello del mare ed è in una conca circondata da una vallata di colline alte 2000-2700 metri che ospitano piccoli paesini, templi indù e monasteri tibetani. Da quando la Cina ha preso il controllo del Tibet, i tibetani hanno fatto del Nepal la loro seconda patria. Le strade sono pulite, i negozi sono parecchi e per ognuno c’è un personaggio che ti invita ad entrare ma senza insistenza. I turisti sono tanti per le strade, a centinaia; ristoranti, bar, caffetterie e panetterie si susseguono ai lati di strette stradine, quasi tutte pedonali. Kathmandu è affascinante e spirituale, una citta viva fatta di stradine e vicoli pavimentati con ciottoli e pietre. Gli edifici sono di architettura medievale, con balconcini di legno intarsiato dai motivi squisiti; c’è poco traffico, composto principalmente da biciclette e risciò. L’aria è estremamente pulita, sono solo le cinque del pomeriggio e fa già freschino, la maglietta non è sufficente; del resto siamo ai piedi dell’Himalaya. Una quantità di donne e bambini vendono artigianato e strumenti musicali ai lati delle strade, tutti ti regalano un sorriso ed un ciao nepalese, il namaste. La sera è alquanto fredda, mi ritiro in camera, mi copro con la trapunta e cerco di dormire.

GIORNO 1

L’indomani mi sveglio e do uno sguardo fuori dalle tende: è una giornata di sole stupenda. Ho deciso di seguire i percorsi turistici di Kathmandu consigliati dalla guida a piedi, qui è tutto vicino e si può andare a piedi ovunque. Alcuni dei templi che trovo durante il tragitto sono dei veri e propri colossi; altri sono talmente piccoli e nascosti che se non si sta attenti si rischia di passare senza vederli, nascosti tra dedali di viuzze e stretti passaggi, spesso indicati solamente da mucchietti di cenere, da candele consumate e fiori, le offerte alle divinità delle cerimonie celebrate diariamente.

Visito spaziose piazze con al centro il classico stupa, il santuario buddista, dove gruppi di donne laboriose spargono il riso su tappeti di juta per farlo essiccare al sole mattutino. Faccio la conoscenza di un simpatico signore vestito principalmente di stracci ma ordinato; porta una folta barba e ha con sé un contenitore d’alluminio per ricevere le offerte. Mi dipinge un bollino rosso in fronte, una puja, rito del rispetto eseguito in adorazione delle divinità, come buon auspicio, e aspetta pazientemente l’obolo. Sono in tanti qui che abbandonano tutti i loro beni materiali e si dedicano alla preghiera, vivendo del cibo che mendicano per la strada e nei mercati.

Tempio Ugratara a Kathmandu

Tempio Ugratara

In una delle piazze scorgo uno stupa più grande e più decorato degli altri, al quale sono appese numerosissime e colorate bandiere di preghiera. Le varie pagode distribuite intorno alla sua circonferenza hanno effigi e statue di divinità racchiuse in nicchie; sulle loro porte vi sono dipinti dragoni guardiani dalle tonalità bianche, blu e gialle. Vari devoti camminano pensierosi attorno allo stupa e alla volta fanno girare le decine di ruote di preghiera in bronzo sostenute da antiche strutture di metallo, fermandosi di fronte ad ogni nicchia per toccarne la divinità e pregare. Nella parte alta, una sezione in mattoni sulla quale è dipinto il mistico simbolo degli occhi del Buddha fa da base alla struttura conica in legno che culmina nella cima.

Ai piedi del santuario è seduto un sacerdote vestito interamente di bianco; in testa ha un copricapo di stoffa rossa formato da sei grandi petali, ad ognuno dei quali è cucita un’immagine del Buddha dipinta sulla tela. Porta al collo una lunga ghirlanda di garofani color arancione. È seduto al suolo, pacifico, a gambe incrociate, circondato da una decina di persone che ne seguono le prediche, per le quali si serve di numerosi oggetti simbolici posati al suolo intorno a lui: si tinge le dita di una polverina rossa naturale contenuta in una scatolina di legno, poi va a toccare e macchiare vari piatti di bronzo, ampolle contenenti liquidi, ciotole colme di riso e di petali di fiori. Pezzetti di carbone e di resine ardono dentro un piatto d’ottone al cui lato giacciono una mela, un’arancio ed un mucchietto di foglie; emanano un fumo tenue, non fastidioso all’olfatto. Ognuno dei seguaci di questo sacerdote ha una cesta contenente cibarie da offrire al Buddha, e vedendoli muoversi lentamente ci si viene da chiedere che razza di procedure staranno seguendo e chissà quanti simbolismi ogni azione racchiude.

Tra i vari templi descritti dalla guida, ce n’è uno che mi incuriosisce particolarmente: il Tempio di Ugratara. Si dice che questo piccolo tempio, con la sua triplice tettoia a pagoda dalla quale pendono sgualciti drappi e campane dorate, abbia il potere di guarire imperfezioni e malattie degli occhi; sembra che basti infatti toccarne l’interno con mano, attraverso la sua ringhiera in bronzo e ferro battuto, per migliorare la propria condizione, che sia una semplice congiuntivite o un serio caso di miopia. L’importante è crederci. Nelle sue vicinanze vi è un grande ritaglio di legno massiccio fissato ad un muro al quale sono state minuziosamente inchiodate migliaia di monete; nel centro vi è scolpita un’immagine che rappresenta la divinità in questione, la quale ha il potere di curare il mal di denti di chiunque le faccia l’offerta di una moneta che deve essere inchiodata al ceppo.

E se questo metodo non dovesse funzionare, niente paura, poco distante è convenientemente situato il quartiere dei dentisti! Le loro insegne, abilmente dipinte a mano, mostrano gigantesche dentiere accompagnate dal nome dell’ambulatorio scritto a caratteri nepalesi. I dentisti aspettano pazientemente davanti alle vetrine dietro le quali sono in mostra ceste colme di denti (veri) divisi per tipo, i molari in una, gli incisivi in un’altra, eccetera, nonché dentiere di varie misure (usate) e forme e strumenti del mestiere. Ne ignoro la provenienza, ma si dice che siano denti di persone morte o estratti da altri pazienti. Spero solo di non averne bisogno.

Colmo di informazioni e stanco dalla lunga camminata giornaliera, mangio un Dhaal Baht e me ne vado in branda, non prima di avere programmato la giornata di domani…

 

Per saperne di piu clicca https://en.wikipedia.org/wiki/Kathmandu (solo in inglese)

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About the author

Thomas has a university background in the UK and in Latin America, with studies in Languages and Humanities, Culture, Literature and Economics. He started his Asian experience as a publisher in Krabi in 2005. Thomas has been editing local newspapers and magazines in England, Spain and Thailand for more than fifteen years. He is currently working on several projects in Thailand and abroad. Apart from Thailand, Thomas has lived in Italy, England, Venezuela, Cuba, Spain and Bali. He spends most of his time in Asia. During the years Thomas has developed a great understanding of several Asian cultures and people. He is also working freelance, writing short travel stories and articles for travel magazines. Follow Thomas on www.asianitinerary.com

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