Parte 3 – il trekking nella giungla – Dopo un abbondante colazione al pittoresco Riverview Restaurant, contratto un trekking nella giungla in una zona parte del Parco Nazionale di Royal Chitwan. Assieme a due giovani guide in tuta mimetica militare e ciabattine infradito consumate, ci imbarchiamo su quello che qui chiamano canoa: una piroga ricavata da un grande tronco d’albero scavato nel quale sono stati aggiunti quattro seggiolini in legno.
Partiamo un po’ traballanti, cosa che non ci da molta sicurezza siccome l’acqua arriva quasi fino al bordo dell’imbarcazione. Il rematore fa di tutto per mantenerci bilanciati mentre ci godiamo lo spettacolo della natura ed una della guide, munita del libro ‘Uccelli del Nepal’, ci elenca nome comune e scientifico di vari volatili che ci sorvolano. Tra i quali da menzionare il Kingfisher, uccello che sfoggia una bellissima apertura alare ed un volo quasi poetico, e che dà il nome alla più famosa birra indiana.
Stiamo navigando contro corrente e avvistiamo una sagoma assomigliante an un tronco in direzione contraria che ci passa ad un paio di metri: è in realtà un coccodrillo! Passiamo inoltre attraverso un paio di rapide dove il flusso dell’acqua è più veloce: qui bisogna tenersi saldi mentre piccole onde entrano nella canoa bagnandoci leggermente. Il panorama è notevolmente suggestivo. Scorgiamo dapprima una donna che carica sulla schiena un fascio di legna ed erba grande due volte lei, tenuta in equilibrio grazie ad una lunga stoffa fatta passare sulla nuca; per attraversare il fiume si aiuta con un bastone. Ha la pelle scura e il suo viso ha tratti inconfondibilmente indigeni. Dopo poco passiamo una mandria di bufali d’acqua che sta attraversando il fiume in un punto relativamente basso; tutto intorno a noi ora è solo il verde denso e silenzioso della giungla.
Dopo un’ora di navigazione approdiamo in una piccola spiaggia, salutiamo il vogatore e c’incamminiamo insieme alle due guide munite di un bastone per protezione: ‘se dovessimo malauguratamente incontrare una tigre’, sostengono. E pretenderebbero affrontarla con un bastone? Leggeremo in seguito che sono parecchie le guide inesperte che negli ultimi anni sono state sbranate dalle tigri, e in un paio d’occasioni ci hanno rimesso la vita anche un paio di turisti…
Un sentiero all’interno di una folta foresta in poco tempo ci conduce nelle vicinanze dell’allevamento d’elefanti gestito dal governo nepalese in collaborazione con gli Stati Uniti. Dopo aver attraversato un campo in mezzo a decine di mucche, bufali e capre al pascolo, ci troviamo tra elefanti di tutte le età e taglie. Quelli più grandi, dall’apparenza sana, sono incatenati per le zampe a grossi tronchi piantati nel suolo. I piccoli, fino a tre anni d’età, scorrazzano liberi per la nostra gioia, dandoci così la possibilità di accarezzarli e di scattare alcune simpatiche foto. Carezzo la pelle ispida di quelle che sembrano mansuete bestiole, mentre altri turisti si cimentano nel dar da mangiare lunghe foglie e steli agli elefanti più grandi, che sembrano gradire pacifici.
L’adrenalina che mi è salita durante il giro in canoa sta avendo la meglio, e dopo esserci fatti un tour completo dell’allevamento elefanti andiamo verso un carro tirato da buoi che ci riporterà in paese. Il servizievole e sdentato autista ha la pelle bruciata dal sole e veste di cenci; tempo di una foto ricordo e di un inutile tentativo di comunicazione tra noi, e via che si parte. Durante la comoda scarrozzata di un’oretta dove il cocchiere sprona i buoi senza tregua, ho l’occasione di osservare da vicino e con tutta calma le scene di vita della gente locale nelle varie capanne che affiancano la carraia. La guida ci spiega che questi villaggi sono abitati da etnie Lurung, una casta proveniente dalle colline del Nepal. Sono in prevalenza contadini, immigrati qui nel Terai dopo che nel 1960 il governo nepalese riuscì ad eradicare totalmente la malaria dalla zona.
Il sole sta calando, anche per oggi ha fatto il suo dovere riscaldandoci a sufficienza; qualche turista ci sorpassa in bicicletta, altri sfrecciano su jeep decappottate. Diversi uomini spingono biciclette rudimentali cariche di lunghissimi fasci d’erba dirigendosi verso casa dove le mogli stanno cucinando dhaal bhat (piatto tipico nepalese di lenticchie) dai forti odori in fornaci di pietra e fango.
Arriviamo a destinazione, e il carretto ci deposita proprio dentro il cortile dell’hotel. Ringraziamo autista e guide e ci ritiriamo, è stata una giornata lunga e stancante ma piena di positività, che ha chiuso in bellezza la mia esperienza a Chitwan e nel Terai, una fantastica zona del Nepal che non immaginavo nemmeno esistesse.
PART 1 : https://asianitinerary.com/it/royal-chitwan-national-park/
PART 2: https://asianitinerary.com/it/royal-chitwan-national-park-2/
CHITWAN on the INTERNET: https://en.wikipedia.org/wiki/Chitwan_District