Giorno 2
Avevo puntato la sveglia presto per poter fare una ripresa fotografica dettagliata del mercato mattutino, a pochi isolati di distanza. Lì, all’alba, si può avere un assaggio di vita sociale ordinaria birmana. Ci andai a piedi, soffermandomi ad osservare fedeli buddisti che partecipavano ai rituali mattutini in templi locali, e processioni di sapore antico di monaci di diverse età in abiti rossi e arancio, scalzi, che raccoglievano cibo all’interno delle loro ciotole delle offerte.
L’area del mercato, che copre diversi isolati rumorosi e puzzolenti a sud del palazzo reale, ronzava dell’energia e delle attività di centinaia di venditori ambulanti che esponevano i loro prodotti su entrambi i lati delle strade: carne, pesce, fiori, frutta, verdure, piatti precotti di noodles e di riso, e altre cibarie, alcune mai viste prima: dolci, carne secca e pesce, frutta esotica e spezie. I clienti arrivavano in risciò, in scooter o a piedi, discutevano prezzi e trasportavano in sportine i loro colorati acquisti. Diversi monaci passeggiavano per il mercato per raccogliere offerte e per acquistare oggetti di prima necessità nel monastero. Mi fermai in una delle numerose caffetterie e mi tuffai in una ciotola di Shan noodles, un chapati e un caffè scuro, fianco a fianco con la gente del posto.
Alle 7:30 il sole iniziò rapidamente a sorgere ed il traffico su 4 ruote si intensificò: trattori pieni di verdure, vecchi camion che trasportavano ferro, legno e persone, vecchi autobus così stivati di gente che ritorna ai villaggi vicini che alcuni passeggeri rimanevano precariamente fuori le loro porte, bigliettai e autistic che gridavano i nomi delle varie destinazioni. Decine di risciò invasero le strade in attesa di passeggeri carichi di sacchetti di plastica pieni di cibo. Era come essere a teatro, osservai la caotica scena sorseggiando un altro tè in una casa da tè all’aperto, sgranocchiando una frittella samosa di verdura, fino a quando i venditori cominciarono a raccogliere la merce.
Eccomi di nuovo qui, vagando senza meta verso est, incrocio dopo incrocio fino a quando, lungo una strada laterale, un giovane tizio in longyi e a torso nudo, testa rapata tranne solo un codino di capelli lunghi e sottili nella parte posteriore del cranio, tatuato con motivi cinesi e con tre o quattro peli lungi di alcuni centimetri che crescono proprio nel bel mezzo della sua guancia destra, mi avvicinò per propormi, in una lingua che non so definire, un morso di betel, sapientemente preparato dalla giovane moglie al loro derelitto baracchino da strada. Ammetto che poco conoscevo sulla noce di betel (chiamata Kun-ya in Myanmar) a parte che macchia i denti di rosso, che toglie l’appetito, e che può creare dipendenza. Ah, dimenticavo, e che durante la masticazione si forma una copiosa saliva di colore rosso che deve essere sputata regolarmente. Non c’è da stupirsi se le strade e marciapiedi di Mandalay sono tutti macchiati di chiazze rosse.
La moglie del ragazzo sollevò una foglia di vigna, la depose su una tavolozza di legno e iniziò a lavorarci su. Dapprima spennellò una pasta di lime sulla foglia, poi vi aggiunse chiodi di garofano, anice, cardamomo, tabacco marinato in alcol e alcune noci di betel schiacciate. Avvolse abilmente la foglia e la passò al marito, il quale me la porse, un sorriso compiaciuto sul volto. Misi la foglia in bocca e cominciai a masticare, e una quantità enorme di saliva mi riempì immediatamente la bocca. Mi avvicinai al lato della strada e sputai il liquido rosso, mantre i miei nuovi amici ridevano approvando. Me ne prepararono due in più da portar via, e non vollero essere pagati, nemmeno una piccola mancia. Finii di masticare il saccottino e ne sputai i resti – dopo tanto sputare non era più divertente, alla fine -, mi sciacquai la bocca con acqua, e iniziai a camminare. Mi sentivo leggero, divertito, e suppose che doveva essere l’effetto della noce di betel. Non il migliore tra le droghe legali. In seguito lessi che masticare betel regolarmente causa cancro alla bocca, un problema in netto aumento nel Myanmar …
Nel primo pomeriggio, continuai la camminata per le strade di Mandalay alla ricerca dei mistici Mustache Brothers, i fratelli baffuti. Questo è il nome d’arte di 3 fratelli comici che si esibiscono da oltre 30 anni in spettacoli politico-satirici con burattini, performance che spesso hanno fatto infuriare il regime totalitario, fino al punto che i Mustache Brothers hanno una collezione di arresti, anni di carcere e di lavori forzati (sul serio), e gli è stato assolutamente vietato di esibirsi in pubblico. Come compromesso i 3 fratelli, che sono tutti stati liberati, hanno accettato di fare gli spettacoli solo in inglese ed esclusivamente nella loro casa di Mandalay.
Incontrai Lu Maw, l’unico che parla inglese dei tre, il quale è quindi diventato il portavoce del gruppo. Stava trascorrendo un pomeriggio tranquillo con la moglie e coi nipoti e accetto’ di fare una chiacchierata informale. Ci sedemmo su modesti sedie e dalla moglie mi offrì del tè; osservai le pareti della casa ricoperte di burattini di diverse dimensioni e diversi vestiari, di propaganda politica e di articoli incorniciati di giornali e riviste straniere con interviste con i comici.